Uno dei problemi che deve affrontare il professionista che
effettui depositi in via telematica nei fascicoli di cancelleria o, per gli
avvocati, effettui notifiche in proprio a mezzo PEC, è la corretta conservazione
dei messaggi di invio, e delle ricevute di accettazione e di consegna dei
messaggi stessi.
La prassi, adottata da molti, di stampare tutte le evidenze
informatiche in questione, se da un lato dà sicurezza psicologica di avere in
mano ciò che serve, dall'altro (oltre a concorrere alla compromissione del
patrimonio forestale mondiale) è del tutto fuorviante ed inutile, frutto dell'abitudine a gestire fascicoli
esclusivamente analogici/cartacei.
Si tratta, quindi, di adeguare la mentalità e la modalità di
lavoro alla considerazione del fascicolo informatico, in cui ciò che conta sono
i files e non la rappresentazione del
loro contenuto su carta.
Così come la firma digitale non consiste nella coccardina e nella
stringa di informazioni a fianco delle copie che scarichiamo dal Polisweb, così
i messaggi di posta elettronica non sono la loro rappresentazione analogica
(stampa), ma solo ed esclusivamente i relativi files.
I messaggi di PEC, come tutti gli altri files, possono essere
salvati all'interno del computer (o,
comunque nei dispositivi di archiviazione utilizzati) con gli appositi comandi che si
trovano, sia nei programmi client di gestione della posta elettronica (Live
mail, Thunderbird …), sia utilizzando le pagine internet dei fornitori
(modalità webmail).
E' sufficiente utilizzare i comandi “salva” o “salva come” o
“salva con nome” e scaricare il relativo file nel supporto di memorizzazione
utilizzato.
Salvando da webmail o da Thunderbird, il file salvato avrà
un'estensione .eml, mentre con altri client avrà un'estensione .msg: in ogni
caso, è bene controllare che l'estensione del file sia una di queste: .eml
oppure .msg.
La corretta conservazione dei messaggi è indispensabile quando
sorga l'esigenza di fornire la prova dell'avvenuto invio e ricezione del
messaggio: sia che si tratti di una diffida stragiudiziale, sia di una notifica
o di un deposito, la prova dello svolgimento dell'attività di messaggistica
dovrà essere fornita, non certo depositando o esibendo la stampa dei messaggi,
ma solo ed esclusivamente le relative evidenze informatiche.
E per rendere possibile una simile dimostrazione in sede
processuale, le specifiche tecniche emanate dalla DGSIA (Direzione Generale dei
Sistemi Informativi Automatizzati) il 16/04/2014 hanno inserito all'art. 13 i
formati .eml e .msg fra quelli allegabili alla busta informatica con cui
vengono effettuati i depositi telematici.
Il deposito degli atti notificati a mezzo posta elettronica
certificata avviene, ai sensi dell'art. 19 bis, 5° comma, del provvedimento
DGSIA, inserendo l'atto notificato all'interno della busta telematica e, come
allegati, la ricevuta di accettazione e quella di avvenuta consegna relativa ad
ogni destinatario. Queste ricevute, in particolare, non saranno trasmesse come
allegati semplici, ma utilizzando il tipo atto specifico presente nei
redattori, con indicazione dell'indirizzo PEC del destinatario, il codice
fiscale ed il registro da cui l'indirizzo è stato estratto.
Mai, quindi, dovrà depositarsi la scansione della stampa dei
messaggi di posta elettronica certificata, con conseguente inutilità
dell'operazione di stampa, da sostituire con quella di memorizzazione e
salvataggio dei files dei messaggi.
Peraltro, utilizzando Genius e configurando in esso la PEC
comunicata al Reginde, tutte le ricevute relative ai depositi sono conservate
all'interno del fascicolo personale al quale attengono.
Nonostante l'utilità di tale forma di conservazione, questa non garantisce quella a norma dell'art. 44 del CAD, applicabile ai privati ai sensi dell'art. 2, 3° comma, CAD (http://www.agid.gov.it/agenda-digitale/pubblica-amministrazione/conservazione) e su cui si veda Giuseppe Vitrani in http://www.pergliavvocati.it/blog/2015/02/28/il-processo-civile-telematico-e-la-conservazione-documentale-i-rischi-di-una-relazione-mai-nata-avv-giuseppe-vitrani/ .
Nonostante l'utilità di tale forma di conservazione, questa non garantisce quella a norma dell'art. 44 del CAD, applicabile ai privati ai sensi dell'art. 2, 3° comma, CAD (http://www.agid.gov.it/agenda-digitale/pubblica-amministrazione/conservazione) e su cui si veda Giuseppe Vitrani in http://www.pergliavvocati.it/blog/2015/02/28/il-processo-civile-telematico-e-la-conservazione-documentale-i-rischi-di-una-relazione-mai-nata-avv-giuseppe-vitrani/ .
A breve, anche le notifiche in proprio a mezzo PEC saranno possibili attraverso l'applicativo, che consentirà la corretta conservazione delle relative ricevute, anche ai fini del loro deposito.
Perugia, 18 Gennaio 2016
Avv. Stefano Bogini